venerdì 27 gennaio 2023

Luvertin: il birrificio agricolo, tra i vigneti di Barbera e Moscato!




Oggi siamo nella campagna alessandrina, dove da un paio di anni è attivo il Birrificio Luvertin dei fratelli Botto. Conosciamolo meglio grazie a Marco.

 

Ciao Marco e benvenuti sul Giornale della Birra. Ci racconti chi siete e come e quando nasce il Birrificio Luvertin?


A gestire il birrificio siamo io Marco e mio fratello Davide Botto.
Il birrificio nasce in campagna di Terzo, comune della provincia di Alessandria in cui ha sede l’azienda agricola di proprietà su cui poggia la base agricola del marchio: dodici ettari di vigne destinate principalmente a uve barbera e moscato d’Asti, un’altra decina dedicata alla coltivazione di pioppi e un paio coltivati ad orzo distico, lo stesso che entra poi nel processo produttivo.
Il nostro birrificio nasce nel 2020 ma la sua idea risale a ormai a parecchi anni fa, quando mossi dalla passione per la birra artigianale abbiamo prima iniziato con l’homebrewing e poi con l’idea di mettere in piedi il nostro progetto. così dopo diverse esperienze lavorative  nel mondo vinicolo io, e il corso da birraio e il lavoro presso il Birrificio Cane di Guerra di mio fratello nel 2019, dopo aver preso in mano l’azienda agricola di famiglia siamo finalmente partiti con il progetto, per arrivare a marzo del 2020 a fare la nostra prima cotta.

 

                                         


Da dove nasce il nome e quali birre produci al momento?

Siamo dunque un birrificio agricolo, che si coltiva l’orzo da usare come malto nelle sue ricette.
Volevamo un nome che ci legasse al territorio ma che allo stesso tempo svecchiasse l’idea legata all’agricoltura tradizionale, così abbiamo preso il nome dialettale che si da al luppolo selvatico che nasce nelle nostre zone e lo abbiamo fatto nostro. Luvertin appunto.

Al momento abbiamo in gamma una Hoppy Session Ale, un’American Ipa, una DDH Session Ipa, una Witbier, una Tripel belga, che è anche la più alcolica che produciamo, una California Common e infine l’ultima nata, una Pils.


                                                            

 

Com’è strutturato il Birrificio, avete anche una tap room ?


La struttura del birrificio è semplicissima, si basa su due persone, mio fratello Davide ed io. Impianto da 10 hl, con possibilità di fare doppia cotta, un CIP di lavaggio, quattro fermentatori refrigerati da 20HL ed un dissolutore. Una cella calda per la rifermentazione ed una cella frigo per lo stoccaggio e un’ inlattinatrice completano lo stabilimento produttivo.
Al momento non abbiamo una tap room.
Lui è il birraio capo, io l’aiuto birraio. Le nostre birre nascono da idee e gusti condivisi, quali birre realizzare, che caratteristiche devono avere, poi lui mette giù la ricetta vera e propria mentre io ne tiro fuori un nome e ne seguo lo sviluppo grafico. Insieme poi seguiamo la parte commerciale e tutto ciò che ruota intorno al birrificio. Senza mai dimenticare il lavoro agricolo.

 

 

                                           

 

Birrificio agricolo, dunque, relativamente giovane. Quali progetti avete e dove volete arrivare in futuro?

Dopo l’avvio del nostro progetto e dopo una pandemia e una crisi economica, speriamo di riuscire nel breve periodo ad affermarci come birrificio, sempre restando fedeli a ciò che siamo e a quella che è la nostra filosofia.

Speriamo in un 2023 di svolta e di rivincita, per poter realizzare diverse idee che abbiamo in mente, tra cui il progetto di aprire una tap room, o comunque un nostro locale.

 

Si ringraziano Marco e Davide per la disponibilità e gli assaggi.

 

 

Info : www.birrificioluvertin.com

giovedì 19 gennaio 2023

Guggenbräu: il birrificio agricolo familiare del Trentino Alto Adige

Oggi siamo in Trentino Alto Adige, poco fuori Bolzano, precisamente a San Genesio Atesino, dove nel maso di famiglia, da un paio di anni è attivo il Birrificio Guggenbräu, che andremo a scoprire grazie alla disponibilità di Matthias, il birraio.

 

                                            

 

Matthias , chi sei e cosa ti ha portato negli anni ad appassionarti alla birra. Quali studi o esperienze hai fatto per diventare mastro birraio?


Ciao, ho 29 anni e nella mia vita ho fatto molte altre cose che non hanno nulla a che fare con la birra. Amo lo sport, ho giocato a calcio e a tennis e dopo il liceo sportivo mi sono formato come personal trainer in Germania e ho studiato terapia nutrizionale. In seguito ho lavorato come libero professionista per alberghi e come personal trainer. Ho anche completato la formazione come guida escursionistica e ho lavorato a lungo come guida. Tuttavia, anche la birra è stata una mia passione per molto tempo e già all’età di sedici anni parlavo di voler produrre birra un giorno. Ci sono voluti altri sei anni prima che producessi la mia prima birra. Ero così affascinato che presto acquistai un piccolo impianto da homebrewing da 20 l , ho imparato molto dai libri e su internet. Infine ho deciso che da grande volevo fare il birraio di professione e ho quindi frequentato corsi di produzione in Germania e in Austria e ho conseguito il diploma di sommelier della birra.

 

Guggenbräu, ci racconti come e quando è nato questo progetto ? 


Il progetto Guggenbräu è nato grazie al luppolo selvatico che cresceva già quando mio suocero era piccolo qui a San Genesio Atesino, ( Jenesien in tedesco ) a 1000 m poco fuori Bolzano.
Ogni anno produce meravigliosi coni di luppolo e così ci è venuta l’idea di coltivare noi stessi le materie prime per le birre. Inoltre avevamo ottenuto un piccolo successo in un concorso per homebrewer, dove abbiamo partecipato con una birra in tutte e tre le categorie e siamo saliti sul podio con tutte. Questo ci aveva portato ancora più convinzione e così dal 2018 coltiviamo orzo e frumento per la nostra birra e dal 2019 il luppolo. A settembre del 2020 abbiamo venduto la nostra prima birra come birrificio agricolo Guggenbräu. Il nome Guggenbräu deriva dal nome del nostro maso, ovvero Guggenbergerhof, che viene menzionato per la prima volta in un documento del 1379, dove il proprietario si chiama Ulricus von Kukenperch. L’azienda è di proprietà della famiglia da 201 anni.

 

                    

 

Quali birre avete in gamma al momento e quali vorresti brassare in futuro. Ce le racconti?


Abbiamo sei varietà nella nostra gamma che produciamo tutto l’anno: Keller bionda e scura, Session Kellerpils, Blanche, Pale Ale, Brown Ale. Ogni mese abbiamo un’edizione limitata che viene prodotta come one shot o una volta all’anno. Ad esempio in autunno una Märzen alle castagne, per l’estate una Golden Ale leggera realizzata con dry-hopping, per l’inverno birre più forti invecchiate in botti di legno come la nostra AuRum, una Golden Strong Ale fermentata con favi di miele interi e affinata in botte di rum.
Presto arriveranno dalla nostra nuova bottaia le nostre prime birre acide invecchiate in legno che hanno già un sapore molto promettente. Abbiamo già 11 tipi diversi in maturazione, dalle birre a fermentazione spontanea prodotte in modo tradizionale alle birre acide a fermentazione mista e le sour con frutta. Stay tuned!

 

C’è qualche birra che hai prodotto a cui sei particolarmente legato?


Questa è la domanda più difficile per un birraio, come chiedere a un padre quale sia il suo figlio preferito. Ma in realtà sono affezionato alla nostra birra alle castagne, con la quale ho già fatto tanti esperimenti. Tutto il lavoro necessario per raccogliere le castagne, arrostirle sul fuoco e sbucciarle a mano. Ma è anche da qui che provengono gli inconfondibili aromi.
Ma anche le birre acide mi danno molte soddisfazioni. È incredibile come queste birre migliorino nel tempo, oltre a far emergere aromi e sentori davvero molto interessanti.

 

                     

 

Un piccolo birrificio agricolo e famigliare dunque. Com’è strutturato il tutto e quali altri prodotti producete oltre alla birra ? Se non sbaglio hai anche un piccolo luppoleto, con quante varietà?


Io, mia moglie Kathrin e i miei suoceri Herta e Johann lavoriamo in fattoria. Mia cognata Martina lavora a Bolzano, ma aiuta anche lei come può. Mio figlio David ha due anni e presto avremo un secondo figlio.
L’azienda ha molti terreni forestali, per cui vendiamo anche la legna. Siamo coltivatori di castagne, come molti altri a San Genesio. Coltiviamo noi stessi quasi tutto ciò di cui abbiamo bisogno per mangiare: verdure, noci, frutta, bacche, cereali. Le uova provengono dalle nostre galline. Purtroppo non abbiamo più mucche da latte o da carne, ma ne riceviamo qualcosa da allevatori vicini.
Come già detto, coltiviamo noi stessi tutte le materie prime che finiscono nella nostra birra, questa è la nostra filosofia. Nei nostri campi crescono orzo, frumento, farro monococco e segale. Abbiamo un luppoleto dove crescono 11 varietà diverse, con le quali possiamo portare nella birra un’ampia varietà di sapori e ancora il luppolo selvatico.
Abbiamo un piccolo impianto Brewiks da 250 L, quattro fermentatori da 240 L, quattordici botti da 225 L e due da 500 L più un’imbottigliatrice manuale.

 

                 

 

Sfogliando la vostra pagina, noto spesso diverse iniziative, dai corsi per homebrewing a degustazioni o camminate birro gastronomiche. Come vi proponete al pubblico, avete una tap room o altro?


Non abbiamo ancora un bar, ma vogliamo finire presto il nostro negozio e la nostra terrazza. Vendiamo  direttamente a ristoranti, bar e hotel o a clienti privati.
Abbiamo anche una splendida malga dove portiamo la gente a fare escursioni a piedi o in bicicletta, concludendo il tutto con una visita in birrificio a degustare le nostre birre, oltre a giornate di birrificazione casalinga.

 

Come vedi il futuro e dove vorresti arrivare da grande?


Non voglio ingrandirmi come fanno in tanti, ma mi piacerebbe produrre molte birre interessanti, ed avere più tempo per la mia famiglia,  oltre a più tempo per godermi il giardinaggio, uno dei miei più grandi hobby. Anche la salute è importante per me, è tutto ciò di cui si ha bisogno. Non chiedo molto.


Un’ultima domanda, la più difficile. Scegli una birra e un luogo birrario che ti sono rimasti impressi in questi anni. 


Era una calda serata d’estate sul lago di Garda. Lì ho bevuto una Lambicus Blanche con mia moglie Kathrin in un ottimo beer bar, l’Asso Bar. Una birra acida semplice, con una bevuta facile, che ha acceso la fiamma della passione di Kathrin per le birre acide, cosa che mi rende molto felice perché sono un amante delle birre acide.

 

Si ringrazia Matthias per la disponibilità e gli assaggi.

 

Info : www.guggenbraeu.com

martedì 13 dicembre 2022

Birra Favorio: eccellenza artigianale di Favignana! Intervista


Oggi voliamo al sud, in Sicilia, nella bellissima Favignana. No, non è un post di viaggi, ma siamo qui per conoscere il giovane marchio isolano di Birra Favorio, grazie al suo creatore, Claudio.

Pasquale Claudio e benvenuto sul Giornale della Birra. Ci racconti chi sei e come e quando nasce Birra Favorio?

Mi chiamo Pasquale Claudio Tartamella e sono un giovane isolano di Favignana, laureato in ingegneria meccanica, adesso titolare di Favorio Artigianale Isolana. Cito il mio titolo di studi perché Birra Favorio affonda le radici della sua primissima genesi proprio durante gli anni del mio percorso universitario, a cavallo tra gli anni 2008-2016. Nei primi anni ero semplicemente un comunissimo bevitore, ma la passione per la birra si rafforza quando, verso la fine del 2011 inizio la mia più indimenticabile avventura come giocatore di rugby a Palermo, città dove studiavo e si sa che il binomio rugby-birra è uno tra i più affermati al mondo. In quegli stessi anni, nei pub di Favignana, approdavano le prime birre artigianali ed è così che, per pura curiosità, mi sono avvicinato a questo fantastico mondo fatto di sapori e aromi mai provati prima e che apprezzo sempre di più. Cominciano così le prime ricerche sulle varie ricette presenti e ogni volta che capitava , non perdevo l’occasione per assaggiarne sempre di nuove e particolari.  Così tra università, rugby e stagioni di lavoro estivo, arrivo agli ultimi mesi del 2016 quando, un mio amico, quasi per scherzo, mi propone di comprare un kit da homebrewing, di cui avevo sentito parlare dai miei compagni di squadra e provare a farmi la birra. Accetto e mi innamoro letteralmente, fin dalla prima cotta (con estratto luppolato) ed ho subito voglia di approfondire, tanto che, l’anno successivo, fine 2017, dopo aver visto un post sponsorizzato di un’azienda che mi era apparso su facebook, decido di andare da solo, a frequentare due corsi di birrificazione artigianale, di 1° e 2° livello, presso Isola del Liri, avventura fantastica che tengo nel cuore con grande emozione. Ecco come, da quella semplice e amichevole esperienza di birrificazione casalinga, dentro di me, il seme di quello che è oggi il progetto “Birra Favorio”, cominciò subito a germinare e a trovare sempre più terreno fertile.


                                               

 

Da dove nascono nome e logo e quali birre produci al momento?

Fin dalle prime cotte effettuate immediatamente dopo i corsi frequentati e proseguendo autonomamente i miei studi nel mondo della birra artigianale, apprendo la forte connotazione storica e territoriale di ogni singola ricetta. In particolare, dalle tradizioni celtiche e dei monaci belgi, vengo a conoscenza della possibilità di utilizzare svariati frutti, spezie ed erbe aromatiche, molte delle quali presenti nella mia terra, dunque l’idea è subito quella di realizzare un prodotto che sia pura espressione della mia isola. Ma confesso che in quanto al “nome”, inizialmente non avevo molta inventiva in merito, motivo per cui le prime ricette venivano nominate semplicemente come “Birra Favignana”. Intanto, man mano che procedevo con le varie cotte, facevo assaggiare le birre da me realizzate ad amici e parenti e raccoglievo le prime impressioni che si rivelavano essere assolutamente positive. Ma non mi fidavo al 100 % di questi pareri, motivo per cui, durante l’estate del 2018, decido di farle assaggiare anche ai turisti che incontravo in giro dopo il lavoro, riscontrando con grande entusiasmo, lo stesso apprezzamento ,  Penso dunque a fare il grande salto per approdare sul mercato, ma serviva un marchio che fosse degno di nota. Ne parlai con una mia amica, che all’epoca studiava marketing e comunicazione, la quale mi spiegò tutti i punti di forza che il nome di un marchio scientificamente forte dovesse avere, tra cui l’assoluta originalità, che poteva anche configurarsi mediante un vocabolo inventato. Fu così che, per la prima volta, dopo vari tentativi, prendendo spunto da vari marchi già presenti sull’isola, apparve nella mia mente la parola “Favorio”, composta da “fav”, radice del nome di Favignana, e “orio”, termine dialettale siciliano per “orzo”, e che differisce per una sola consonante dal nome del vento “favonio” da cui etimologicamente trae origine il nome dell’isola in cui vivo.

Mancava adesso il logo, un effige grafica in grado di rappresentare a pieno tutto ciò. Intanto continuo a perfezionare le ricette e cerco una soluzione per dar vita commerciale a questo progetto, soprattutto per stabilirne la produzione sull’isola, ma per via di diverse problematiche e cavilli burocratici, purtroppo questa soluzione non arrivava. Vola così tutto l’inverno tra il 2018 e il 2019,  con l’imminente nuova stagione estiva alle porte, riprendo con il lavoro da dipendente. Nel frattempo,  riesco, insieme ad una mia amica prossima alla laurea in architettura, a creare una prima bozza di logo che piace molto ad entrambi, ma qualcosa non ci convince. Quindi lascio un attimo in sospeso in attesa di una svolta decisiva. Svolta che non tarda ad arrivare. Era un giorno di settembre 2019 quando, in spiaggia, un ragazzo palermitano, che era rimasto sbalordito dagli abbinamenti delle mie birre con gli aromi isolani, mi chiede se il mio progetto avesse già un nome e un logo. Rispondo in maniera abbastanza vaga e non mi sbilancio molto in merito ma lui, gentilmente, mi dice che da anni lavorava nel marketing e nella creazione di loghi, mi dà tutta una serie di consigli a riguardo  e mi suggerisce di prendere spunto dal marchio dei Florio. Riporto il tutto alla mia amica e nell’ottobre 2019, deposito, presso l’UIBM, la domanda di registrazione del marchio Favorio così come si presenta oggi.

La varietà di birre artigianali che propongo è molto ampia, si va da una blonde ale a una russian imperial stout, ma tutte hanno in comune dei riferimenti, nel nome, nell’etichetta o negli aromi utilizzati, alle attività con cui si viveva nel passato o si vive ancora tutt’oggi qui nelle Egadi e lo slogan che le lega tutte quante insieme è “Ogni birra racconta una storia…”. Le birre che produco sono dunque:

–          “Cala Tilla” blonde ale derivante dalle primissime esperienze di birrificazione casalinga e che richiama l’attività economica ormai preminente, ossia quella del turismo: nome nato quasi per scherzo, ma che ho deciso di adottare proprio perché risulta avere il duplice proposito di richiamare le “cale” per cui le Egadi sono famose e quello di una sorta di invito – in siciliano – a berla (“calatilla!”, in italiano “calatela!” nel senso di “bevitela!”).

–          “Pirrera” weizen al finocchietto selvatico che richiama l’attività, che in passato ha dato sostentamento agli isolani, dell’estrazione del tufo dalle cave, qui chiamate “pirrere”.

–          “San Nicola” american pale ale all’arancia amara e rosmarino che prende il nome dalla zona archeologica di Favignana richiamando dunque tutta la storia antica delle Egadi legata ai Romani e alle guerre puniche. Lo sfondo dell’etichetta è infatti una raffigurazione della battaglia delle Egadi.

–          “Aria” tripel ai ficodindia che si riferisce ad un’altra attività che un tempo dava sostentamento agli isolani, ossia quella dell’agricoltura. Il nesso è un po’ più personale perché il nome deriva dal modo in cui mio nonno, coltivatore e allevatore, pronunciava la parola “aia”, zona adibita alla separazione dei chicchi di orzo o frumento da quella che è la paglia.

–          “Mattanza” belgian ale ai fichi secchi e timo che fa riferimento all’attività più famosa delle Egadi, ossia la pesca dei tonni, e quella tramite cui i Florio basarono la loro fiorente prosperità economica.

–          “San Giacomo” russian imperial stout alle carrube prende il nome del forte una volta adibito a carcere di massima sicurezza, che per molti anni ha dato lavoro a molte famiglie qui sull’isola (da solo contava più di 600 dipendenti) e al quale è legata della storia un po’ sconosciuta, forse proprio perché tra le più cupe della recente storia italiana: il carcere di Favignana, e in particolare il forte di San Giacomo, costruito dai Fenici e ripreso anche dai Borboni, ha visto tra i propri detenuti elementi come Renato Vallanzasca e i membri delle Brigate Rosse.

–          “Fenice” pilsner alle carrube, deriva dai primi esperimenti di aromatizzazione e, tra tutte, è quella che ho voluto dedicare di più alla storia di questa mia passione per la produzione di birra artigianale isolana. Facevo i primi esperimenti insieme a due miei amici a casa di mia nonna (casa che era vuota perché mia nonna viveva con i miei) quando, un giorno, il frigorifero prese fuoco dando origine ad un incendio che rese quella casa inutilizzabile per un bel po’ di tempo. Avevamo appena prodotto i nostri primi 100 litri di birra che stavano ancora fermentando nella camera da letto e che, fortunatamente, per via della porta di legno chiusa che aveva fatto da isolante, non avevano minimamente risentito di alcun aumento di temperatura dovuta dalle fiamme. Avevamo comprato un sacco di ingredienti per fare ancora altre prove e non avevamo più una casa a disposizione dove poterle produrre e terminare il lavoro già fatto con quei 100 litri già prodotti, al che, uno dei miei amici propose di ricavare uno spazio in un suo garage. Quindi ci trasferimmo lì e la prima birra che abbiamo prodotto subito dopo quell’incendio la chiamammo, appunto, “Fenice” proprio perché “risorgevamo dalle ceneri”. Nell’etichetta, infatti si può notare la raffigurazione di un portellone di un garage molto simile a quello in cui ai tempi ci siamo trasferiti.

 

                                                   

 Diverse birre con prodotti locali, quali altre birre vorresti realizzare prossimamente?

Stare di fronte ad una pentola che bolle, avere tra le mani diversi malti, luppoli, aromi, spezie e sentirne le varie fragranze è per me qualcosa di impagabile, ragion per cui, ogni anno, non posso fare a meno di cimentarmi in cotte di ricette sempre nuove e diverse. È esattamente questa curiosità e voglia di sperimentare, ciò che sta dietro alla realizzazione delle special edition come “Donna Franca” e “OriGinAle” che ho proposto negli ultimi due anni. Per quanto riguarda prossime ricette  , oltre a perfezionare quelle appena citate, mi affascinano molto le italian grape ale tramite cui vorrei coniugare la mia attività brassicola con i vini liquorosi storicamente presenti nella mia zona come il Marsala.

Una beer firm, isolana. Hai in programma di diventare birrificio? Cosa ti aspetti per il futuro?

Si esatto, la soluzione beer firm, che mi vede collaborare dal novembre 2019 con un birrificio trapanese, con il cui titolare si è ormai instaurato davvero un bel rapporto di amicizia, oltre che di mutuo scambio di conoscenze è finora l’unica che mi ha permesso di poter proporre commercialmente la mia idea di birre artigianali, ma, il mio sogno, come fin dall’inizio è sempre quello di poter realizzare un mio birrificio qui nella mia Favignana.

Per il futuro mi aspetto che il progetto mantenga il trend di crescita e di continuo apprezzamento che ho avuto il piacere di constatare in questi tre anni di attività e di poter ambire a proiettare Favorio verso nuove mete che vanno oltre la produzione in un birrificio di proprietà. I miei propositi a lungo termine, visti i tempi che corrono, mirano all’agricoltura, alla eco sostenibilità e all’economia circolare e a far sì che i giovani isolani che ogni anno vedo andar via per cercare fortuna altrove, siano sempre meno. Confesso che mi piace immaginarmi, tra una ventina d’anni come una sorta di reincarnazione di uno dei membri della famiglia Florio, con cui, ironia della sorte, Favorio fa rima.

 

                                                         

 

Un’ultima domanda. C’è una birra che ti ha colpito più di altre, oltre ad un luogo, in questi anni da appassionato?

Durante il mio ultimo viaggio a Budapest, nel novembre del 2019, città che mi ha veramente sorpreso per la sua bellezza, sia storica sia architettonica, e che, secondo me, è molto sottovalutata rispetto ad altre mete turistiche europee, mi è rimasta letteralmente scolpita nelle papille gustative una fantastica, anche se estrema, russian imperial bourbon coffee stout da 15,2%Vol bevuta in un pub ungherese che serviva soltanto birre artigianali alla spina, una più buona dell’altra.

Ringrazio di cuore pasquale Claudio per la disponibilità oltre che per gli assaggi.

Info : www.favorio.it




Tutto ciò che viene scritto e pubblicato in questo blog è frutto della mia esperienza personale, ciò che pubblico è una mia opinione.Nel caso alcuni contenuti dovessero causare problemi, vi chiedo gentilmente di contattarmi.

mercoledì 9 novembre 2022

Atoms Brewing - Intervista


Oggi vi portiamo in provincia di Padova, dove da poco meno di due anni, è attivo il marchio Atoms Brewing. Grazie a Federico, uno dei soci, vi portiamo a conoscere questa giovane realtà.

 

Ciao ragazzi e benvenuti sul Giornale della Birra. Chi si cela dietro al marchio Atoms, come e quando siete nati?

Siamo 4 ragazzi padovani, dai 26 ai 30 anni, appassionati di birra artigianale. Da sempre curiosi, da sempre in movimento, abbiamo iniziato a studiare i processi produttivi e girare Italia ed Europa una decina di anni fa. Abbiamo quattro personalità estremamente diverse ma (fortunatamente) complementari. Io (Federico) sono probabilmente il più nerd. Ingegnere ambientale di professione, mi occupo della stesura delle ricette e della gestione dei social, oltre che studiare continuamente processi produttivi e materie prime. Gianluca A., psicologo di formazione e digital advisor, segue il commerciale. Alberto, ingegnere elettrico, segue la parte logistica e informatica. Infine Gianluca B., libero professionista, si occupa di logistica e produzione.

Abbiamo un background simile a molti altri nel settore: abbiamo frequentato corsi, partecipato come volontari a vari festival in Italia ed Europa (EurHop, Woodscrak, MASH etc) e chiaramente, abbiamo iniziato a spignattare in taverna. Cotta dopo cotta, come ogni homebrewer, abbiamo affinato tecniche e ricette continuando senza sosta a studiare. Dopo qualche anno di birre da lavandino e birre che ci hanno entusiasmati, abbiamo deciso di provare a produrre qualche litro in più e, a dicembre 2020, in piena pandemia, abbiamo deciso di iniziare a produrre in un vero impianto professionale. Oggi siamo un birrificio in itinere, un po’ gipsy, poiché non possediamo un impianto ma noleggiamo impianti di altri birrifici artigianali , una beerfirm insomma.

 

                   

Da dove nascono nome e logo e quali birre avete in gamma al momento?

Il nostro nome nasce dall’unione delle nostre personalità alla vision aziendale: come gli atomi siamo sempre in movimento, alla continua ricerca di un nuovo equilibrio da raggiungere tramite continui legami. Il progetto Atoms Brewing infatti nasce come un cammino di crescita, con la mission di creare una rete tra noi, i nostri collaboratori e i nostri clienti. Nel far ciò puntiamo a minimizzare l’impatto ambientale e a valorizzare l’aspetto sociale della birra artigianale. Inoltre ogni anno avviamo un diverso charity project a sostegno di una ONG da noi selezionata, per poter dare -nel nostro piccolo- un contributo concreto alla nostra società.

Il nostro logo invece è un tetraedro stilizzato, visto in prospettiva. Esso rappresenta sia le 4 anime che compongono Atoms Brewing, sia la configurazione spaziale di una particolare molecola che rappresenterà (speriamo) il futuro del nostro progetto brassicolo.

Per quanto riguarda le birre in gamma, per il momento produciamo solo one-shot. Il motivo di questa scelta si trova nella nostra filosofia, volta al cambiamento continuo e alla ricerca di nuovi equilibri. Le ultime nostre 4 release sono state una Vienna Lager, una NEIPA, una Session NEIPA e una Kellerbier.

Birre ben luppolate e stili prevalentemente tedeschi. Altre birre in cantiere?

Per il momento stiamo caratterizzando le nostre birre per facilità di beva, seppur prodotte con luppolature importanti. Presto, dopo una lunga fase di sperimentazione, ci uniremo anche noi al dark-side.


                   

 

Avete puntato molto sulla grafica delle vostre birre, la scelta della lattina è collegata?

Amiamo comunicare e raccontare le storie che si nascondono dietro ogni nostra birra, per queste ragioni abbiamo deciso di dare grande importanza all’aspetto grafico. La scelta della lattina, in particolare in formato 440ml è stata fatta per garantire la massima qualità del prodotto e la più alta sostenibilità ambientale, agevolando anche il consumatore finale che può beneficiare del miglior rapporto quantità/prezzo. Il confezionamento in lattina ci permette di minimizzare i fenomeni ossidativi, aumentare del 43% i volumi di trasporto riducendo del 15% il peso totale e dunque le emissioni in atmosfera (rispetto alle bottiglie in vetro da 330ml ). Inoltre l’alluminio confrontato col vetro è al 100% riciclabile (non si hanno perdite di processo ) e richiede minor energia per il riciclo. Infine, abbiamo scelto questo formato per ridurre i costi: a parità di volume difatti, con la lattina da 440ml usiamo meno materia prima ed energia, e dunque possiamo ridurre i costi al litro.


                   

 

Dove volete arrivare e quali sogni avete nel cassetto?

Attualmente vogliamo crescere, sotto ogni aspetto. Vogliamo continuare ad allargare la nostra rete e a migliorare i nostri prodotti. Un domani invece ci piacerebbe produrre in prima persona, per poter valorizzare al 100% la nostra filosofia: produrre birra sociale, eco-friendly e inclusiva.

Un’ultima domanda. C’è una birra che vi ha colpito più di altre, oltre ad un luogo, in questi anni da appassionati?

Difficile isolare un solo momento in tutti questi anni, con tutti questi legami creati. Sicuramente però un posto speciale nel nostro cuore è stato il primo amore: il Woodscrak, festival del birrificio CRAK a Padova. Lì ci siamo per la prima volta innamorati a tal punto da dire: d’ora in avanti vogliamo bere solo birra artigianale. Le birre che ci hanno dato queste emozioni sono state sicuramente le IPA Cannonball, di Magic Rock Brewing, e Guerrilla di CRAK.

 

                   

 

Ringrazio Federico e i ragazzi di Atoms Brewing, per la disponibilità.     

  


                                                      

Maggiori informazioni: www.atomsbrewing.it

lunedì 5 settembre 2022

Sidro di pere Pir'e Meana - Arbareska Lab




Eccoci ritotnati a pubblicare sul blog, negli ultimi mesi complici mille impegni, ho dato spazio ai miei canali Facebook e Instagram, sempre ben aggiornati, ma si sà, il primo amore non si scorda mai.

Questa volta pubblichiamo una recensione di un sidro di pere. Curiosi? Leggete sotto.

Dall'entroterra cagliaritano, mi arriva grazie a Bruno di Arbareska LAB, questo particolare sidro di pere selvatiche della varietà Pir'e Meana.

Un sidro prodotto in poca quantità a valorizzare un'antica varietà di pera selvatica.
Il risultato, un sidro rustico, con note fruttate e terrose, giusta frizzantezza e un filo di acidità che rendono appagante la bevuta.
Da bere fresco senza aspettare troppo Dicembre 22.
Bella scoperta!!
Cheers!! 🍐🍐🍐
Restate collegati perché presto parlerò di questa piccola realtà brassicola sarda.


Tutto ciò che viene scritto e pubblicato in questo blog è frutto della mia esperienza personale, ciò che pubblico è una mia opinione.Nel caso alcuni contenuti dovessero causare problemi, vi chiedo gentilmente di contattarmi.